Nutrizione e forze formative

Sempre più spesso negli organi di stampa si trovano articoli riguardanti il mondo della salute e, con particolare insistenza, aspetti relativi alla nutrizione. A fronte di dati molto interessanti e indiscutibilmente corretti dal punto di vista metodologico, quello che quasi sempre manca, è una visione d’insieme che permetta di ricomprendere aspetti della nutrizione che vanno al di là del puro dato fisico e che rivestono un’importanza fondamentale per la salute. Si parla ad esempio di mangiare diverse porzioni di vegetali più volte al giorno, ma non si fa minimamente accenno alle modalità di coltivazione, trasporto e conservazione dei vegetali proposti. A partire dall’articolo che proponiamo di seguito, tratto da “La Stampa” cogliamo l’occasione per accennare ad aspetti relativi agli alimenti che, a nostro avviso, dovrebbero essere presi in seria considerazione.

Vivere 100 anni, e anche di più, con il cibo della longevità

Vivere fino a cent’anni e oltre è possibile. Lo dimostra l’esercito di ultracentenari che si concentra anche in Italia, in particolare in Sardegna e in alcuni comuni del Centro. I segreti della longevità affrontati in un convegno tenutosi a Venezia

Frutta e verdura, insieme agli acidi grassi omega-3, sono tutti alimenti anti-age, che possono farci diventare centenari.

Non solo in Bolivia, in Giappone e altre parti del mondo, anche qui in Italia si può divenire centenari o ultracentenari. Ma quali sono i segreti della longevità? Centenari si nasce, grazie al corredo genetico, o lo si diventa, grazie allo stile di vita e, soprattutto, all’alimentazione?

«L’abitudine a nutrirsi in maniera ipocalorica è stata riscontrata come tipica caratteristica delle popolazioni ad alta percentuale di centenari. – dichiara Giovanni Scapagnini, biochimico clinico dell’Università del Molise ed esperto dell’Osservatorio AIIPA – Questa condizione facilita l’attivazione di meccanismi di difesa cellulare che proteggono l’organismo dalle malattie degenerative».

Sono molte le sostanze utili all’organismo, non solo per mantenerlo in salute, ma anche per attuare una sorte di azione anti-aging.
«Le sostanze vegetali presenti in frutta e verdure come le antocianine e il resveratrolo, appartenenti alla famiglia dei polifenoli, sono infatti in grado di attivare in maniera specifica i meccanismi di longevità cellulare – sottolinea Scapagnini – La maggioranza di questi composti è inoltre dotato di una potente azione antiossidante, effetto considerato particolarmente utile per contrastare i processi legati all’invecchiamento. Anche gli acidi grassi polinsaturi omega 3, presenti in grandi quantitativi nel pesce e nelle alghe, agiscono promuovendo i meccanismi genetici della longevità».
Prevedere dunque di introdurre nella propria alimentazione adeguati quantitativi di queste sostanze, come avviene nella dieta mediterranea e in quella giapponese, è sicuramente una regola d’oro per favorire un invecchiamento di successo, degno degli ultracentenari più agguerriti.
Ma c’è di più: alcune di queste sostanze possono infatti essere usate in maniera specifica per attivare i geni chiave che controllano metabolismo e longevità, trasformandosi in vere e proprie strategie nutrizionali per migliorare salute e qualità dell’invecchiamento.

15 abitudini salutari riguardo al cibo che condividono tutti i longevi del Pianeta

Ci sono alcune pratiche salutari che riguardano il cibo che sembrano essere veri e propri «elisir» di lunga vita: sono infatti abitudini condivise dalle cosiddette popolazioni che vivono nelle Blue Zones : le cinque aree del Pianeta dove si concentrano le popolazioni più longeve studiate dal giornalista del New York Times, Dan Buettner, in un progetto sviluppato con il National Geographic. I «rituali» descritti qui sotto vengono direttamente dagli usi degli ultracentenari di: Okinawa in Giappone, Loma Linda in California, Ikaria in Grecia, la Penisola di Nycoia in Costarica e l’Ogliastra, in Sardegna e – incredibile – nessuno di loro conta le calorie, prende vitamine o pesa le proteine

1. Il 95% di quello che mangi deve provenire da piante

Vegetali, cereali integrali e legumi dominano i pasti di tutto l’anno in ciascuna delle “zone blu”. La gente mangia una varietà impressionante di verdure e frutta di stagione e conserva in salamoia o con essicazione quel che eccede. Il “meglio del meglio” tra i cibi di lunga vita sono le verdure a foglia verde. In Ikaria, più di 75 varietà di ortaggi di questo tipo crescono “come erbacce”. Gli studi hanno verificato che le persone di mezza età che avevano consumato l’equivalente di una tazza al giorno di verdure cotte avevano la metà delle probabilità di morire nei successivi quattro anni rispetto a chi non aveva mangiatoverdure a foglia verde.

2. Carne: non più di due volte a settimana

Le famiglie nella maggior parte delle “zone blu” mangiano carne con parsimonia, come contorno o per insaporire altri piatti. Lo scopo è limitare l’assunzione di carne cotta a poco più di 50 grammi (meno di un mazzo di carte) per cinque volte al mese. E per quanto riguarda pollo, agnello o maiale , dice Dan Buettner «preferire i prodotti che vengano da aziende a conduzione familiare». La carne delle “zone blu” proviene da animali che pascolano liberamente, il che probabilmente porta a più alti livelli di acidi grassi omega-3.

3. Consuma fino a 85 grammi di pesce al giorno

Gli studi che Dan Buettner ha eseguito su 96.000 americani dal 2002 hanno scoperto che le persone che avevano seguito una dieta a base vegetale che comprendeva una piccola porzione di pesce ogni giorno erano quelle che vivevano poi più a lungo. Nelle “zone blu” sul mare il pesce è ovviamente una parte dei pasti quotidiani. La scelta migliore riguardo al pesce sono sardine, acciughe e merluzzo, che non sono esposti ad alti livelli di mercurio o altre sostanze chimiche.

4. Riduci il consumo di latticini e formaggi

«Il sistema digestivo umano – scrive Dan Buettner – non è ottimizzato per il latte vaccino, che risulta essere ad alto contenuto di grassi e zuccheri. La gente delle “zone blu” ricava la fonte di calcio dalle piante (una tazza di cavolo cotto, ad esempio, dà tanto calcio quanto una tazza di latte)». «Tuttavia, prodotti lattiero-caseari derivati da capre e pecore come lo yogurt e il formaggio sono comuni nelle diete tradizionali delle “zone blu” di Ikaria e Sardegna. Non sappiamo – ammette Dan Buettner – se è il latte che rende queste persone più sane o il fatto che si arrampicano sulle colline per far pascolare i loro animali».

5. Goditi fino a 3 uova alla settimana

Nelle “zone blu”, le persone tendono a mangiare solo un uovo alla volta: per esempio, in Costa Rica friggere un uovo per metterlo nelle tortillas di mais e a Okinawa mettono nella zuppa un uovo sodo. Provate a consumare a colazione un solo uovo – consiglia Dan Buettner ai connazionali americani – insieme a frutta o altri alimenti di origine vegetale: come pane integrale o porridge.

6. Legumi cotti ogni giorno (almeno mezza tazza)

Fagioli neri a Nicoya, soia a Okinawa, lenticchie, ceci e fagioli bianchi del Mediterraneo: i legumi sono la chiave delle diete nelle “zone blu”. In media, sono costituiti dal 21 per cento di proteine, dal 77 per cento di carboidrati complessi e da pochissimi grassi. Sono anche un’ottima fonte di fibre e contengonopiù nutrienti per grammo rispetto a qualsiasi altro cibo sulla terra. «La media dietetica delle “zone blu” – almeno una mezza tazza al giorno – , scrive Dan Buettner, fornisce la maggior parte delle vitamine e minerali di cui si ha bisogno».

7. Passa alla «pasta madre» o alla farina di grano integrale

In tre delle cinque “zone blu”, il pane è un alimento base. Ma è un alimento del tutto diverso dalla maggior parte del pane che compriamo. A Ikaria e in Sardegna, ad esempio, è costituito da una varietà di cereali integrali al 100 per cento, tra cui frumento, segale e orzo – ognuno dei quali offre un ampio spettro di elevati livelli di nutrienti e fibre. In altre “zone blu” il pane tradizionale è realizzato con batteri che “digeriscono” il glutine e l’amido mentre lo fanno lievitare. Questo processo crea un acido che conferisce alla “pasta madre” un sapore aspro. Il risultato è un pane che abbassa il carico glicemico dei pasti (e ha anche meno glutine del pane “senza glutine”).

8. Taglia il consumo di zucchero

Gli abitanti delle “zone blu” consumano circa un quinto dello zucchero “aggiunto” rispetto a noi. I centenari mettono miele nel tè e gustano dolci solo nelle occasioni di festa. «Cosa possiamo fare noi – suggerisce Dan Buettner – ? Non aggiungere più di 4 cucchiaini di zucchero al giorno nelle nostre bevande e sui cibi. Mangiare biscotti, caramelle e dolci da forno solo un paio di volte la settimana. Evitare anche gli alimenti confezionati con edulcoranti, specialmente quando lo zucchero è elencato tra i primi cinque ingredienti».

9. Come snack mangia due manciate di noci

Questo sembra essere l’apporto medio di noci che si consumano nelle “zone blu”: due manciate al giorno. Un recente studio di Harvard durato 30 anni ha rilevato che chi mangia noci ha un tasso di mortalità del 20 per cento più basso rispetto a chi non le consuma. Altri studi mostrano che le diete con frutta secca riducono i livelli di colesterolo “cattivo” fino al 20 per cento.

10. Attieniti a cibi riconoscibili per ciò che sono

Nelle “zone blu” di tutto il mondola gente mangia alimenti nella loro interezza: non butta via il rosso d’uovo o la polpa della frutta. Inoltre non assume integratori. Ricava tutto ciò di cui ha bisogno dagli alimenti “interi”, che spesso sono coltivati localmente. E noi? Evitiamo i prodotti con lunghi elenchi di ingredienti e facciamo acquisti a km zero quando si può. Gli scienziati stanno solo iniziando a capire come i vari elementi presenti nelle piante lavorino insieme per diventare salutari.

11. Aumenta l’introito di acqua

Gli esperti raccomandano sette bicchieri di acqua al giorno, anche perché gli studi mostrano che l’essere idratati riduce anche la possibilità di coaguli nel sangue. Inoltre, se stai bevendo acqua, non stai bevendo una bevanda carica di zucchero o dolcificata artificialmente

12. Se proprio vuoi bere alcol, almeno bevi vino rosso

La maggior parte delle persone nelle “zone blu” bevono da uno a tre bicchieri di vino rosso al giorno. Una quantità moderata di vino a fine giornata riduce anche lo stress. Attenzione a non eccedere: le quantità massime per una donna sono di un bicchiere al giorno e per un uomo massimo due.

13. Bevi tè verde

Le infermiere di Okinawa bevono tè verde tutto il giorno: è stato dimostrato che riduce il rischio di malattie cardiache e diversi tipi di cancro. I greci di Ikaria bevono birre di rosmarino, salvia selvatica e tarassaco: tutte le erbe con proprietà anti-infiammatorie.

14. Caffeina? Solo dal caffè

Le persone che vivono sulla penisola di Nicoya e in Sardegna e in Grecia bevono caffè abbondantemente. I risultati dello studio – sostiene Dan Buettner – dicono che bere caffè porta a una minore incidenza di demenza e morbo di Parkinson.

15. Un perfetto equilibrio tra le proteine

Se siete preoccupati di non assumere abbastanza proteine da una dieta a base vegetale seguite questo trucco. Unite insieme legumi, cereali, noci e verdure che forniscono tutti e nove gli aminoacidi essenziali che il nostro corpo non può produrre da solo.

Come dicevamo gli studi sulla longevità sono di sicuro interesse, ma, di norma non ci si sofferma mai sugli aspetti relativi ai processi produttivi, di raccolta e trasformazione degli alimenti (o di allevamento se trattasi di animali) in ordine alla salute. Siamo sicuri che i circa sessanta ortaggi che crescono spontaneamente nell’Isola di Ikeria in Grecia abbiamo lo stesso valore nutritivo dell’insalata che si trova nel banco del supermercato, magari nell’angolo dedicato al BIO?

In realtà c’è sempre più bisogno di avere delle metodiche analitiche volte a conoscere di un alimento non solo la sua composizione chimica (presenza di determinati nutrienti e assenza di contaminanti), ma in ordine al valore nutrizionale è importante avere dei metodi che possano raccontarci molto di più della vita di quell’alimento. Come è stato preparato il terreno del campo, sono stati rispettati i tempi e le stagionalità caratteristiche dell’alimento in natura? …e così via.

Una tale osservazione complessiva di un prodotto agricolo fa riferimento ad un quadro di forze, che in biodinamica vengono chiamate forze formative che sono di primaria importanza per la relazione che l’alimento avrà con l’organismo che se ne ciberà. Tali forze, inoltre, hanno una consonanza con quanto si fa sul piano pedagogico nella Scuola Steiner-Waldorf.

Ma come possono essere definite più precisamente tali forze formative?

Riporto di seguito una definizione, che mi sembra chiara e completa:

Tutti gli organismi viventi sono caratterizzati da una precisa organizzazione
e da una ben precisa morfologia nella quale nessun elemento è casuale.
Tutte le parti sono correlate e interdipendenti, organizzate in una irrinunciabile gerarchia.
Questo sistema di forze (etere di vita, etere chimico, etere di luce, etere di calore)
e di relazioni è il “progetto”, il “campo morfogenetico”  (= generatore di forma),
tipico ed esclusivo di ogni essere vivente.

Come dire…un pomodoro non è solo un ortaggio con una certa composizione e di forma più o meno rotondeggiante, rosso…ecc; ma un pomodoro è un organismo della forma e colore detti, che appartiene ad una pianta che vive in un certo modo, in certo terreno, che ha bisogno per crescere in modo armonico di un particolare clima e irraggiamento solare…cresce bene vicino a certe piante, avrà una relazione particolare con la disposizione dei corpi celesti che altri ortaggi non hanno e così via….cioè l’insieme dei fattori considerati nella loro complessità spaziale e temporale va a generare un campo di forze all’interno del quale abbiamo la possibilità che un pomodoro sia veramente un pomodoro…e lo sentiremo nei suoi molteplici aspetti di forma, colore, sapore, profumo, consistenza, durabilità (breve e non perenne!), ecc…

Ma c’è bisogno anche di avere, oltre alle percezioni sensoriali, qualcosa che sia più oggettivo e ripetibile nel tempo. Per evidenziare, allora, tali forze formative, sono stati messi a punto diversi metodi, e qui vengono citati i due principali e cioè la cristallizzazione sensibile con il Cloruro di Rame di E.Pfeiffer e la dinamolisi capillare di E.Kolisko. Senza entrare nel merito delle metodiche citate, quello che si ottiene attraverso l’analisi delle sostanze, è un insieme di immagini che vanno a comporre quelle che possono essere considerate delle “carte di identità” delle varie sostanze stesse. Qualcuno potrà osservare che è poca cosa di fronte ai moderni metodi scientifici di analisi, ma c’è da tenere presente che i campi di forze citati non sempre possono essere evidenziati da metodi chimico-fisici (tutt’al più posso vederne gli effetti) e la potenza delle immagini non è da trascurare… chi non riconoscerebbe un fiore ben strutturato e armonico da un mostriciattolo dove petali e foglie si aggrovigliano in un’accozzaglia poco armonica sia nella forma che nel colore?

…perché proprio dei mostriciattoli appaiono le immagini di alimenti che non sono coltivati in modo attento alla natura.

Se poi aggiungiamo il tema ecologico nel suo complesso, cioè di salute del terreno (e quindi acqua, ecc…) dovuto all’impiego di sostanze che, magari nell’alimento non trovo più (grazie alle curve di decadimento) ma che innegabilmente nel terreno, nelle acque di dilavamento, negli organismi che malauguratamente si trovano nei pressi durante il trattamento, trovo e talvolta con concentrazioni tali da mettere a rischio la vita di animali di media taglia, si capisce che salute del pianeta e salute degli organismi che vi albergano, ricompreso l’uomo, sono strettamente interconnessi e non possono essere mai considerati in modo disgiunto. Non posso pensare che un metodo di coltivazione dannoso per il pianeta possa essere salutare per l’uomo perché ho mangiato rispettando certe proporzioni di determinati alimenti…

A pochi giorni dai servizi televisivi che mettono in luce quanto di poco chiaro se non truffaldino ci sia nel mondo del biologico, dobbiamo osservare come tali pratiche appartengano proprio a chi si è avvicinato a tale mondo per solo interesse commerciale.

È evidente che il biodinamico, che si impegna a lavorare per mantenere e accrescere le forze formative, rappresenta un salto di qualità che pone in mezzo più strada fra sé e il biologico di quanta non ce ne sia tra il biologico e il convenzionale.

È evidente ancora che, in questa direzione, il consumatore dovrebbe certamente premiare chi da molti anni, mediante l’impiego di metodi come quelli citati (ad es vedi marchio Demeter) si impegna per un agricoltura e dei prodotti di vera qualità, privilegiando una filiera verticale dove la “catena della fiducia” affonda realmente le radici nel campo.